I Bentivoglio erano una famiglia feudale le cui origini, a parte le leggende, non sono note, mentre il loro insediamento a Bologna si fa risalire al XII secolo. Il più famoso e principale rappresentante fu Giovanni II, la sua Corte alla fine del XV secolo era una delle più splendide e colte d’Italia, la magnifica residenza fu abbattuta dal popolo, con un saccheggio che durò per settimane, sino alla quasi sua completa distruzione, con decine di morti tra il popolo dei saccheggiatori dovuti dal crollo di mura e volte, il popolo, stanco, insorse per gli intrighi e le crudeltà della moglie Ginevra Sforza, disprezzata da tutti fu poi scomunicata dalla Chiesa. La Corte era definita “la più bella casa in terracotta che fosse tra i Cristiani” e per l’oro dei ricchi decori “Domus Aurea”, vastissima, contava al suo interno di cinque cortili e due giardini, l’interno era completamente affrescato con le storie della famiglia dipinte da famosi pittori quali Francesco Francia e Lorenzo Costa. Ad un ramo diverso dei Bentivoglio si deve la costruzione dell’attuale Palazzo Bentivoglio; sorto nel ’600, fu abitato dalla famiglia per secoli, composta da figure d’alto lignaggio per signorilità e nobiltà, tra essi eruditi, poeti, filosofi ed alti prelati. Come in tutte le dimore patrizie della città, anche in questa si celebrarono ricchi e fastosi banchetti, la cui fama ed originalità è giunta sino a noi. Nell’aprile del 1713, tanto per citarne uno, il Conte Girolamo Bentivoglio, per celebrare il suo gonfalonierato, come era tradizione lo sfarzo e l’abbondanza dei rinfraschi era d’obbligo, per stupire e superare tutte le precedenti nella vastissima sala del Palazzo fece installare una grande vasca, formante un piccolo laghetto, dove delle barchette cariche di cibi, vivande e vini circolavano tra i commensali. Bologna, da sempre città operosa e ricca per i suoi mercati, per le sue attività produttive, per la ricchezza delle terre che la circondavano, aperta ed ospitale, con i suoi tanti portici che favorivano, e favoriscono ancora oggi, gli incontri e la sosta per lo scambio d’opinioni, prodotti e di tante futili chiacchere, con la sua bonomia e la voglia di vivere della sua gente, coglieva ogni occasione e pretesto per organizzare banchetti e festeggiamenti, da qui la famosa citazione: “Bologna è un castellazzo dove si fanno delle magnazze”.Santo Stefano
La tradizione vuole che fu Petronio, sui resti di un tempio pagano dedicato ad Iside, a costruire una piccola chiesa, intorno alla quale si aggiunsero le altre per creare in questo modo, il complesso di edifici sacri che intendevano riprodurre a Bologna i luoghi sacri di Gerusalemme.
Quest’unico e molteplice complesso monumento sacro, manifestazione di secoli di fede, simbolo del dramma cristiano sarà poi completato con lo scalone che porta a San Giovanni in Monte, immagine della celebrazione dell’Ascensione di Gesù al cielo. Gerusalemme con i suoi luoghi sacri, fu l’ispiratrice, la lontana città santa, con il suo simbolismo, è così portata al cuore ed alla devozione dei bolognesi. Questo labirinto mistico, formato dal susseguirsi di chiese, cripte, cappelle, chiostri con l’incontro di tanti simboli, il sovrapporsi ed il mescolarsi di stili diversi, uniti alla leggenda, alla fantasia, alla fede, fanno di questo complesso un luogo che trasmette emozioni, uno dei luoghi in cui le identità comuni si rafforzano e si saldano; chi vi entra, preso dal significato altamente apostolico del luogo, dall’atmosfera che vi si respira e che l’avvolge, dal simbolismo che unisce e fa di queste chiese un unico monumento, viene ammaliato e sedotto. Il corpo delle chiese stefaniane tra chiostri e cortili, si mostra all’occhio del visitatore come un dedalo, tra cipressi e tombe dalla scenografica piazza, con il suo suggestivo potere di preludere al mistico ed affascinante mistero, si entra nella chiesa dedicata al Crocefisso. Dopo un attimo di ambientamento, troviamo la cripta che ci porta subito alle antiche ed anguste origini di questa chiesa, poi, una volta Battistero, ecco l’ottagonale chiesa del Santo Sepolcro, semplice tempietto pieno di ombre e mistiche poesie, con la simbolica rappresentazione del Calvario, da qui si entra nel leggendario monumento che è all’origine della cristianità a Bologna, la basilica dei Santi Vitale ed Agricola, le cui reliquie di Santi Martiri, furono oggetto di venerazione universale e meta di continui e illustri pellegrinaggi. Per la simbologia, che è la caratteristica più marcata del complesso, al centro dell’attiguo raccolto cortile, fulcro intorno al quale gli edifici lo serrano ed abbracciano, troviamo, suggestivo richiamo alla simbologia della leggenda, il catino di pietra che viene attribuita a Pilato. Tra lapidi funerarie, sepolcri, suggestive cappelline, l’insolita chiesa del Martyrium o della Trinità, si arriva nell’inattesa meraviglia del chiostro conventuale dal doppio ordine di logge, dove ai massicci archi e tozze colonne, si sovrappone un leggiadro ed aereo loggiato, aureo monile pieno di luce, dalle esili ed eleganti colonnine binate, coronate da bizzarri capitelli e da mostruose cariati prone e contorte. Qui, passeggiando, il sommo Dante, incontrò la poesia nuova di Guido Guinizelli, ma si ispirò anche, traendo spunto da queste visioni e da queste suggestioni, per i suoi canti dell’Inferno e del Purgatorio.San Domenico
Nella prima metà del 1200, al fiorire ed esplodere della fama dell’antico Studio Bolognese, si aggiunse, come apporto spirituale e culturale, il quasi contemporaneo arrivo di San Domenico con i suoi frati e di San Francesco con i poverelli d’Assisi. Il progressivo affermarsi dei due ordini monacali, con la creazione in tempi successivi, dei due complessi conventuali, con le rispettive basiliche, formarono con le loro predicazioni, un centro spirituale di cultura per la cristianità, dando vita ad un largo flusso di pellegrini attirati anche dall’adorazione della stupenda arca funebre di San Domenico, il poema marmoreo di Nicolò Pisano e di Nicolò dell’Arca, collocata al centro di in una cappella, affrescata con scene celebrative dai vivi colori e ricca di decorazioni. Per secoli, bianca e viva, l’Arca è stata centro universale di venerazione e preghiera. Le Arche dei sepolcri dei Glossatori, insigni giuristi e famosi dottori, con il loro suggestivo aspetto orientale, conferirono una straordinaria originalità all’abside di San Francesco e resero pensosa la piazza di San Domenico; la loro collocazione e presenza, voluta vicino ai celebri centri di studio, rafforzò ed esaltò un senso di umiltà di fronte a tanta arte e cultura. La pensosa piazza della basilica domenicana, tra arche, absidi e colonne, è sovrastata dalla semplice ma forte e severa facciata; l’interno della basilica, rinnovato nel settecento, crea con il suo grande spazio e la ricchezza delle raccolte, storiche, magnifiche e famose cappelle laterali, piene di arte, una armonia sia architettonica che spirituale mistica. L’ampio coro, che per il magistrale intarsio e la bellezza delle sculture di Damiano da Bergamo, era considerato l’ottava meraviglia del mondo, chiude superlativamente la lunga navata. Un magnifico campanile romanico domina sul convento ed il suo chiostro interno.